CARAPELLI BYE BYE! ( Solo crisi economica?)

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LA CARAPELLI INVERUNO  chiude la produzione e 98 dipendenti a casa!(link)

I big politici del nostro territorio si sono attentamente tenuti alla larga, impegnati a risolvere i loro guai giudiziari e poi di questi tempi non aiuta a portare consenso politico,anzi…

Molti ricorderanno l’intervento dell’allora Senatore Massimo Garavaglia quando visitò la Gaggia di Robecco sul Naviglio, lo stesso presentò in seguito anche un’interrogazione parlamentare il 05/07/2007, (link)

Risulato?  Gaggia chiusa e lavoratori a spasso!

La verità nuda e cruda è che quando una proprietà decide di chiudere uno stabilimento, lo chiude e stop!

Non servono bandiere rosse ai cancelli, non servono i vari proclami delle istituzioni buoni spesso a creare illusioni se non accompagnati da misure concrete a sostegno dell’azienda.

La chiusura di un’azienda è solo l’atto finale di un processo,e quando la crisi  si conclama è spesso troppo tardi.

La vicenda Carappelli ci induce però a fare una riflessione più ampia dello scenario in cui le imprese italiane sono costrette ad operare.

Non solo crisi economica , ma anche una serie di fattori fiscali e non, che spesso costituiscono una zavorra davvero  insopportabile per l’imprenditore italiano.

Vediamone alcuni.

Che l’impresa debba cercare di chiudere in utile è naturale, che sia però obbligata a farlo è forse un meccanismo perverso e poco conosciuto.

Spieghiamo meglio.

Se un’azienda chiude in perdita, per mille motivi, anche perchè ha fatto molti investimenti per il futuro, succede che:

-Le banche storcono il naso e tendono a ridurre gli affidamenti ( oggi quasi tutte le aziende lavorano con i soldi delle banche)

-I famigerati STUDI DI SETTORE  non risultano congrui e l’Agenzia delle Entrate ti invita ad adeguarti versando più imposte.

Se l’impresa decide di non adeguarsi, perchè ritiene di aver operato correttamente non occultando fatturato, automaticamente da quel momento diventa un obiettivo da controllare da parte della Guardia di Finanza.

-Se poi la stessa azienda chiude in perdita per 5 anni consecutivi, apriti cielo!

Per il fisco è una società in perdita sistemica e  viene considerata alla stregua di una società DI COMODO cioè costruita con il solo scopo di eludere il fisco. A quel punto scattano una serie di “ritorsioni” da parte dell’Agenzia delle Entrate che non stiamo ora ad elencare.

(Trattandosi di una materia molto tecnica, non ci addentriamo nella casistica delle esclusioni dal meccanismo e dalle difese che è possibile mettere in campo per evitare tali “ritorsioni”.)

-In Italia,poi i pagamenti commerciali sono lunghissimi, soprattutto la grande distribuzione che detta le regole, paga anche oltre i 150 giorni, contro i 30,ad esempio, della Germania.

-Se poi hai avuto la sfortuna di fornire lo Stato i pagamenti sono ” a babbo morto”

– l’Italia poi è il paese con una tassazione tra le più alte del mondo.

-Poi c’è l’Equitalia con una capacità aggressiva senza pari.

-Ci sono infine anche crisi pilotate per favorire la speculazione edilizia, avete presente la questione Novaceta a Magenta? (link)

In tono minore, abbiamo già parlato dello stabilimento Carlo Gavazzi a Bernate Ticino (link) , e sempre a Bernate della vicenda della Litoart srl ( link)

Ecco perchè in Italia non c’è da stupirsi più di nulla…

Lo staff di Malagenta.it