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La difficoltà di chiamarsi Luraghi

Ester Castano | 30 luglio 2012 | nessun commento

fonte foto: Sos Racket Usura

Gennaio 2009, le forze dell’ordine scoprono ad Arluno una delle più importanti cave dell’hinterland milanese gestite dalla criminalità organizzata. Ricordate? Nel corso dei lavori per la Tav Milano-Torino i clan mafiosi dilaniano il territorio agricolo riempiendo di rifiuti, anche tossici, metri e metri cubi di terreno precedentemente smembrato per ricavare mistone, sabbia e ghiaia utili nei cantieri: trecento mila, si ipotizza. Oggi, a quasi quattro anni di distanza, è Barbara, la figlia di Maurizio Luraghi, noto imprenditore lombardo vittima e carnefice del mondo ‘ndranghetistico, ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica.

Il padre, condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi nel giugno 2010, conosceva bene la larga e profonda voragine di Arluno: un vero e proprio tesoro per la criminalità organizzata, un giro d’affari milionario, oltre che l’occasione allettante e pressoché gratuita per smaltire tonnellate e tonnellate di materiale ‘ingombrante’. Si chiama Barbara Luraghi e da quattro anni nel suo cantiere riceve continue intimidazioni da parte di ignoti: macchinari bruciati, biglietti con scritte minatorie lasciati sul parabrezza dell’auto, insulti gratuiti fuori dall’istituto scolastico frequentato dai suoi due figli di 11 e 6 anni. “Io denuncio e continuerò a farlo, perché so che è importante, vista anche l’esperienza che sta passando mio papà sono invogliata a denunciare”: chiare le parole dell’imprenditrice 34enne di Pogliano Milanese.

I latini dicevano ‘Nomina sunt consequentia rerum’, i nomi sono corrispondenza delle cose, la loro conseguenza. E’ questo il caso di Arluno. Provincia di Milano, 12mila abitanti posizionato fra Nerviano e Sedriano: Arluno è uno dei tanti insospettabili paesi dell’hinterland milanese. Il suo nome deriva dal latino ‘Ara Lunae’, letteralmente ‘altare della luna’. Un altare sacrificale. Perchè è questo che oggi è il Sud Ovest milanese, e il piccolo comune dal suolo ricco di mistone e la voragine di rifiuti illeciti ne è solo un esempio. Cittadini lavoratori, commercianti e impiegati. C’è chi fa il pendolare e ogni mattina prende il treno per recarsi nell’ufficio a Rho, Milano, oppure nella vicina Magenta dove con cambio di binario si può, nel giro di un’oretta, essere a Torino. Maurizio Luraghi dice che tutta Milano scaricava nella cava di Arluno, anche in pieno giorno, indisturbati dalle istituzioni del territorio e dagli amministratori comunali.

Barbara porta sulle spalle un cognome ingombrante. Da quando la magistratura ha giudicato colpevole il padre, è lei a gestire l’azienda di famiglia Lavori Stradali Srl. La Guardia di Finanza del nucleo investigativo di Pavia descrive Maurizio Luraghi come il classico imprenditore a disposizione della mafia, “Ma a differenza degli altri affiliati, lui è uomo del Nord, un uomo che parla: non ha la forma mentis tipica dell’omertoso meridionale appartenente ad associazione criminosa”. La Procura l’ha riconosciuta come vittima di estorsione, il Comitato Nazionale Antiracket ha quantificato il danno a oltre 1 milione di euro, la Prefettura di Milano ha disposto che lo Stato le risarcisca la somma di denaro perduta anche a seguito dei continui attentati alla sua attrezzatura edile: ma niente, da Roma i soldi tardano ad arrivare. Uno dei tanti paradossi italiani.

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